I mercati sono conversazioni

É, ormai, inutile pensare al mercato come ad un unico insieme, i mercati vanno – al giorno d’oggi – divisi in più segmenti.

Segmentare significa quindi creare gruppi omogenei composti da individui con punti comuni facilmente identificabili.

Ci sono, ad esempio, consumatori che amano acquistare beni di lusso, mentre altri valutano attentamente ogni singolo acquisto, comparandolo con altri prodotti, per far quadrare il proprio bilancio.

Ci sono consumatori che frequentano abitualmente i centri commerciali, altri gli outlet – per acquistare brand riconosciuti a prezzi più accessibili – altri ancora ordinano tutto on-line.

In ogni singolo segmento si trovano poi diverse tipologie di consumatori nel quale ognuno fa i conti con le proprie risorse e i propri bisogni inseriti in una personale scala di priorità che si divide spesso in due sotto segmenti: prioritari e secondari.

In ogni segmento vengono elaborate – dallo stesso consumatore – diverse decisioni prima di procedere all’acquisto. Ad influenzare la decisione finale ci sono i fattori materiali (risorse) e i fattori immateriali (emozioni).

“I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici (…) Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente” recita il Cluetrain Manifesto, l’insieme di 95 tesi rivolte alle imprese che lavorano all’interno di un nuovo mercato, realizzato da David Weinberger, Doc Searls, Rick Levine e Christopher Locke nel 1999 e poi aggiornato nel 2015.

Il moltiplicarsi delle offerte, l’utilizzo sempre meno creativo delle tecniche di marketing, ha reso i consumatori sempre più insensibili alle promozioni. Perché? La risposta è semplice: ne vedono troppe.

C’è un altro fattore da tenere in considerazione, i clienti non formano più i loro bisogno e soprattutto le loro opinioni attraverso un unico medium. Tante offerte e tante voci.

La rete, intesa come internet, ha spacchettato gli insiemi demografici, ricomponendoli in nicchie molto verticali (al cui vertice spesso è posto un influencer) non saranno complessi funnel, cioè modelli di marketing incentrati sul consumatore che illustra il percorso teorico del cliente verso l’acquisto di un bene o servizio, o aggressive tattiche di vendita a convincerli ad acquistare.

Lo sarà molto di più il processo comunicativo delle aziende impostato su trasparenza e umanità. Una comunicazione – costante – e coerente capace di generare una relazione con il consumatore.

Non sarà importante quindi la singola campagna – dimenticate i rampanti comunicatori di fine Novecento – ma la capacità di trasmettere i propri valori e la propria qualità attraverso il proprio storytelling.

Raccontare una storia porterà le nicchie che si identificheranno in essa e di cui abbiamo parlato in precedenza ad inserirsi nella nostra storia ed a volerne essere parte acquistando un prodotto che comunicheranno a loro volta per sottolineare l’appartenenza a quel racconto generando, così, un effetto moltiplicatore che permetterà all’impresa di crescere.

 

 

 

 

 

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