Fare innovazione è rendere semplici le cose complesse

Andrea Tinti appartiene certamente alla nuova generazione di imprenditori, con la sua Iungo, nata come uno spin off della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia si occupa di Supply Chain Collaboration, cioè di digitalizzare i progetti collaborativi delle imprese. Inoltre dal 2014 con Italian Hops Company ha reso modenese il luppolo made in Italy.

Dott. Tinti partiamo dal concetto di innovazione, cosa vuol dire per lei fare innovazione?

«Lo ripetiamo da tempo, per noi fare innovazione è riuscire a rendere facili delle cose che sono difficili, a farla complicata sono capaci tutti e non serve a niente. Questo è l’aspetto che caratterizza le nostre attività: nel digitale vuol dire facilitare i processi, nel mondo del luppolo, ad esempio, siamo stati noi a dare anche al Ministero per le Politiche Agricole delle indicazioni sul prodotto».

Italian Hops Company è una start up ma ha già ricevuto numerosi riconoscimenti, come è nata l’idea di coltivale il luppolo a Modena?

«Siamo stati i primi ad avere questa idea, cioè di iniziare a coltivare il luppolo in Italia. Il tutto è nato da un’iniziativa di Eugenio Pellicciari e del Comune di Marano sul Panaro, allora guidata dall’attuale sindaco di Vignola Emilia Muratori, che aveva avuto l’idea di fare un’operazione di marketing territoriale proprio legata al luppolo. Il nostro obiettivo è stato quello di unire la tipicità agricola italiana ad un prodotto – agricolo – che non esisteva nel nostro Paese. Così siamo riusciti a rendere modenese il luppolo made in Italy».

Lei è alla guida di due realtà aziendali, vede il Covid-19, la cui curva di contagi è nuovamente in salita, come un’opportunità o un limite?

«Se la guardo in modo un po’ personalistico lo vedo come una grandissima opportunità perché cambia lo scenario e quindi si aprono nuove opportunità che prima non erano nemmeno pensabili. Allargando lo sguardo è ovvio che alcuni settori verranno cancellati, è in atto una riconfigurazione del mercato che sarà velocissima. A mio parere il made in Italy ne esce rafforzato, se pensiamo alla filiera agro-alimentare le produzioni locali ne hanno giovato. Il sistema Paese ha risposto bene nel complesso, chi ha dimostrato qualche limite in più è il comparto pubblico».

Ha parlato di velocità del mercato che cambia. In questo aspetto per molte aziende è stato fondamentale affidarsi a professionisti della compliance per riuscire a superare l’emergenza senza ulteriori danni, qual è il suo giudizio sul tema?

«Se parliamo di compliance non solo lo ritengo un elemento doveroso, ma le dirò di più, lo ritengo un elemento indispensabile per qualsiasi azienda. Mi auguro ci siano più controlli per verificare che tutti abbiano fatto le cose per bene. Posso aggiungere una cosa?».

Certo, prego…

«Per me il tema della compliance si lega a quello della sostenibilità in senso ampio, in senso sostanziale. Sempre più velocemente si andrà in quella direzione e serve farsi trovare pronti, sarebbe utile che invece di “buttare” soldi a pioggia si investisse affinché il tessuto industriale andasse sulla via della sostenibilità permanente. E per farlo bisogna passare da una corretta compliance. Mi auguro che in questo il Covid-19 ci abbia insegnato qualcosa».

 

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