Il founder storytelling come leva di marketing

Nel 2006 nelle sale cinematografiche usciva “Il codice da Vinci”, ma a sbancare il box office fu “Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma” secondo episodio della saga con Johnny Depp. Shakira e Wycleaf Jean dominavano le classifiche musicali, George W. Bush era il Presidente degli Stati Uniti d’America, in Italia il 17 maggio si insediava il Governo Prodi II, il 9 luglio gli azzurri del pallone – ai rigori – si laureavano campioni del mondo di calcio 24 anni dopo gli eroi del Mundial 82

Amazon esisteva già da 12 anni (è stata fondata il 5 luglio 1994), ma Business Week, prestigioso settimanale economico pubblicato dal 1929, proprio nel numero di novembre del 2006 definiva, in copertina, Amazon una scommessa rischiosa che piaceva poco a Wall Street.

Una copertina che il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, ha pubblicato sul suo profilo Twitter lo scorso 18 maggio.

“Ho incorniciato questa vecchia BusinessWeek del 2006 come promemoria. La scommessa rischiosa che non piaceva a Wall Street era AWS, che l’anno scorso ha generato entrate per oltre 62 miliardi di dollari” questo il testo del cinguettio di Bezos. Un tweet che gli analisti americani hanno letto come una rivincita del fondatore del colosso del commercio elettronico nei confronti degli scettici (di allora), ma c’è anche chi ci ha visto un nuovo modo di fare marketing e comunicazione.

Il founder storytelling, infatti, è una leva di marketing influente, ma sottostimata soprattutto in un momento storico come questo dove il personal branding ha assunto un ruolo sempre più centrale nella comunicazione, anche d’impresa.

Sharon Tanton, strategic storyteller e coach, è stata tra le prime ad affermare che la storia del fondatore ha potere e che andrebbe sfruttata.

Un valore – quello del racconto – duraturo, capace di sopravvivere anche al ruolo del fondatore stesso all’interno dell’azienda. Secondo uno studio della Harvard Business School all’inizio degli anni 2000 il 50% dei fondatori aveva ceduto il controllo della propria attività entro il terzo anno di vita e solo il 25% delle aziende che sono arrivate all’IPO avevano alla guida il fondatore.

Le persone si lasciano influenzare dalle altre persone. Così Luigi Centenaro, primo Personal Branding Strategist italiano, autore di “Digital You” per Hoepli. Secondo lui tutto ruota attorno al concetto di personal branding. “Social oggi significa anche e soprattutto personal”.

C’erano una volta a Modena, nel cuore dell’Emilia, quattro fratelli e quattro sorelle, nati in povertà. Potrebbe essere l’inizio di una fiaba invece è l’inizio della storia di una famiglia capace di farsi brand.

Leo Turrini, giornalista e scrittore, ha scritto “Storia di una famiglia e di tante figurine” nel quale racconta la storia dei fratelli Panini gli inventori delle mitiche figurine.

I fratelli Panini seppero immaginare il futuro, partendo da una piccola edicola. E dalle loro intuizioni, passando da buste di semplici francobolli alle bustine di calciatori e non solo, è nato un mito globale.

La storia di un’azienda, la Panini appunto, ma anche e soprattutto un manuale per tutti gli imprenditori.

Un’impresa è sempre anche una visione, del segmento nel quale opera, ma anche del contesto storico e culturale. Chi meglio di chi l’ha fondata può diventarne il testimonial? La condizione necessaria è che lo storytelling sia coerente con i bisogni del proprio pubblico e sia comunicato in maniera innovativa, notiziabile spiega Centenaro nel suo libro.

Ma attenzione ai rischi, il founder storytelling non si può improvvisare, il rischio maggiore è che la narrazione diventi troppo epica e a tratti egocentrica. Un racconto per essere efficace deve essere anche curato, affidarsi ad un team di comunicatori è il primo passo per raccontare una storia potente per dirla con le parole di Sharon Tanton.

 

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